Il blackout elettrico accaduto in Spagna che ha bloccato per un giorno intero l’attività del paese per un’altra mezza giornata reso operativo a mezzo servizio evidenzia ancora una volta la delicatezza della gestione delle reti elettriche e la necessità di possedere un’adeguata differenziazione produttiva di energia, perché l’essersi affidati come è accaduto nel paese iberico ad una forte produzione di energia rinnovabile da fotovoltaico ha fatto venire a mancare la capacità regolatoria della rete elettrica in fatto di frequenza e di potenza assicurato dalla generazione rotativa degli alternatori connessi alla produzione da idroelettrico, termico e nucleare.
Anche se al momento non c’è ancora certezza sulle effettive cause dell’interruzione della fornitura di energia, i più sono propensi a ritenere l’origine del blackout elettrico spagnolo ad una serie di concause, partendo da un eccesso di produzione fotovoltaico non adeguatamente consumato dagli utilizzatori, oltre a due repentini sbalzi di tensione verificatesi nell’arco di cinque secondi che hanno mandato in protezione la rete facendola prima disconnettere dagli stati esteri allacciati (Francia, Portogallo e Marocco) e poi mettendo fuori rete le centrali tradizionali e gli ultimi due impianti nucleari ancora funzionanti.

Secondo alcuni tecnici, la produzione di energia da fotovoltaico espone gli utilizzatori a possibili picchi di produzione e a sbalzi di frequenza che non vengono sufficientemente ammortizzati dagli inverter sempre che non siano presenti sistemi di accumulo come batterie capaci di regolare i picchi di produzione, a differenza di quanto accade con la produzione tradizionale di energia, sia idroelettrica, termica o nucleare, dove la caduta dell’acqua (idroelettrico) o la circolazione di vapore in pressione (termico e nucleare) fa girare tramite una turbina un alternatore, la macchina che produce l’elettricità che con la sua rilevante massa riesce a funzionare anche in caso di problemi sul lato delle turbine, riuscendo a sostenere la rete per qualche minuto, oltre a garantire meglio degli inverter la stabilità della frequenza a 50 Hz della rete.
Se questi sospetti saranno confermati dall’esito delle indagini iniziate, bisognerà prendere atto che puntare tutto sulla produzione da rinnovabili che utilizzano inverter senza sistemi di accumulo espone a potenziali gravi rischi di mancata disponibilità di energia lato utilizzatori. Fare come a Spagna che nel corso degli ultimi anni ha spinto decisamente sul fotovoltaico garantisce sì energia a basso costo, ma difficile da gestire adeguatamente sia nei picchi di produzione che nella frequenza di rete. Probabilmente, la soluzione sta in un equilibrato insieme di sistemi produttivi comprensivi di idroelettrico, termico e nucleare. E pazienza se la generazione elettrica costerà qualcosa di più nelle bollette a fronte di una maggiore sicurezza di fornitura senza esporre un paese ad un blackout elettrico come accaduto nella Spagna di quel ministro all’energia ambientalista come Teresa Ribera trasmigrata con analoga competenza alla corte della Commissione europea di Ursula von der Leyen.
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