La riduzione delle aliquote Irpef sul secondo scaglione non basta

Serve allargare le soglie degli scaglioni, in Italia troppo compresse, avvicinandosi a Francia, Germania e Gran Bretagna, dove l’aliquota massima scatta oltre i 150.000 euro.

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La riduzione delle aliquote Irpef approvata con la legge di Bilancio 2025 «non basta e corre il rischio di accentuare le distorsioni del sistema. Il vero nodo resta la compressione degli scaglioni, che in Italia penalizza chi produce valore e disincentiva l’emersione del reddito – afferma il consigliere nazionale di Unimpresa, Marco Salustri -. Dal 2026 il secondo scaglione sarà probabilmente esteso fino a 60.000 euro con l’aliquota ridotta dal 35% al 33%, ma si tratta di un intervento parziale, che non affronta il tema della progressività».

Per Salustri «occorre aumentare il numero degli scaglioni almeno a 6 o 7, partendo da una percentuale molto bassa e crescendo in maniera graduale. L’attuale struttura induce soprattutto autonomi e microimprese a restare al di sotto di soglie critiche per evitare salti d’imposta, alimentando indirettamente l’evasione e minando la credibilità del sistema tributario».

Secondo Unimpresa, la riforma fiscale, approvata con la legge di Bilancio 2025, rappresenta un intervento parziale ed inefficace rispetto alle reali esigenze del sistema tributario italiano. La riduzione delle aliquote Irpef, pur presentata come misura di alleggerimento per i contribuenti, rischia di accentuare le distorsioni esistenti. La compressione degli scaglioni Irpef genera salti d’imposta troppo bruschi e penalizza chi produce valore reale. La probabile nuova configurazione dell’Irpef, sempre che si trovino i 4 miliardi di euro necessari per attuarla, per l’anno d’imposta 2026 non affronta il nodo strutturale della progressività. La compressione degli scaglioni crea un sistema in cui piccoli incrementi di reddito comportano aumenti sproporzionati della tassazione disincentivando, di fatto, l’emersione del reddito e favorendo l’evasione. La base imponibile, dunque, è troppo fragile e, senza una revisione profonda degli scaglioni, il sistema resta vulnerabile e ingiusto.

Sarebbe utile prendere ad esempio quanto accade negli altrigrandipaesi europei, dove gli scaglioni fiscali sono maggiori e, soprattutto, hanno soglie decisamente più alte di quelle italiane, dove la soglia più alta dal 43 al 45% scatta ben oltre i 50.000 euro vigenti al momento in Italia. In Francia quella del 45% scatta oltre 157.000 euro, ben 107.000 più che in Italia. In Germania il 45% si vede solo per redditi da oltre 260.000 euro, mentre solo la Spagna è allineata all’Italia, con il 45% che scatta scavallati i 60.000 euro. Fuori l’Unione europea, in Gran Bretagna la soglia del 45% scatta a 150.000 sterline, pari a circa 175.000 euro.

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