Compenso Siae per copia privata: un obolo da 120 milioni all’anno che potrebbe aumentare del 40%

Una tassa occulta gravante sugli acquisti di ogni genere di prodotto elettronico che contenga una memoria: dal telefono al computer, passando per le chiavette Usb.

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La politica è chiamata a pronunciarsi entro il prossimo 1° settembre 2025 sulla richiesta di aumentare fino al 40% il compenso Siae per copia privata, un balzello occulto annegato nel prezzo di ogni dispositivo elettronico acquistato da privati cittadini e aziende che contenga una memoria. Memoria che, secondo l’interpretazione della Siae, la Società italiana autori ed editori, può essere utilizzata per fare delle copie di prodotti soggetti a diritto d’autore, anche di quelli legittimamente acquistati.

Un balzello, il compenso Siae per copia privata, che viene soggetto a rideterminazione ogni 5 anni, con la prossima che scade nel bel mezzo delle ferie estive, con una procedura di consultazione delle parti interessate – su tutte le associazioni dei consumatori – che probabilmente saranno in difficoltà a farlo, dinanzi ad una proposta avanzata dal Comitato consultivo per il diritto d’autore istituito presso il ministero della Cultura (di cui non fanno parte né i consumatori né i produttori di dispositivi elettronici) che vedrebbe un generalizzato aumento di almeno il 20% con punte fino al 40% per i telefoni cellulari, con poi l’estensione del balzello perfino ai sempre più diffusi servizi di memorizzazione cloud, quelli di cui dispongono gratuitamente fino a 15 GB tutti gli utenti, ad esempio, di un indirizzo di posta elettronica su Gmail.

Il balzello è tutt’altro che marginale, visto che colpisce la capacità di memorizzazione del dispositivo a prescindere dal suo prezzo, con il risultato che questo incide maggiormente sui prodotti di minor valore, oltre ad essere diventato nel tempo di fatto desueto, in quanto di prodotti soggetti a legittima copia privata – come Cd, Dvd, ecc. – se ne vendono sempre di meno sostituiti dalla fruizione dei contenuti mediante streaming o scaricamento che ne impediscono sostanzialmente la possibilità di copia. E dinnanzi ad un gettito che negli ultimi anni si è attestato attorno ai 120 milioni di euro, non si capisce perché la politica – e il ministero della Cultura così come è avvenuto sotto la gestione del Dem Dario Franceschini – avvalli sempre a piè di lista le richieste degli autori ed editori senza valutare appieno la loro fondatezza circa l’effettivo utilizzo delle copie private. Fenomeno che secondo gli ultimi dati sembrerebbe decisamente ridotto, complice anche l’evoluzione delle modalità di fruizione dei contenuti soggetti a diritto d’autore, con gli utenti che ne fruiscono presso siti legali previo il pagamento di un abbonamento, risolvendo così alla fonte il discorso dell’incasso dei vari diritti.

Come spesso accade, il compenso Siae per copia privata è poi soggetto ad Iva del 22%. Nella proposta del Comitato, la revisione per i prossimi 5 anni potrebbe comportare l’aumento del 20% del balzello (da 5 a 6 centesimi) per ogni CD e DVD vergini, le cui vendite sono in continuo calo, tanto che i relativi lettori sono ormai scomparsi dalla quasi totalità dei computer portatili e nella stragrande maggioranza di quelli fissi. Soggetti a balzello pari al 5% del loro prezzo finale registratori audio, video e masterizzatori. Mentre per i televisori che includono un sistema di “personal video recorder” (PVR) il contributo fisso passa dagli attuali 4 euro a 4,67.

Un prodotto che teoricamente non avrebbe a che fare con la copia di contenuti protetti dal diritto d’autore sono tutte quelle memorie che si utilizzano nelle fotocamere o nelle videocamere, visto che la foto o il video che si riprende è di diretta proprietà del suo autore. Qui il balzello è commisurato in base alla capacità di archiviazione, esentando, bontà loro, le memorie con capacità inferiore ad 1 GB – un’inezia -, mentre scatta per ogni GB aggiuntivo tra quelle con capacità tra 1 e 8 GB (11 cent, +22%) da 8 a 32 GB (9 cent, +12,5%) e oltre i 32 GB (8 cent, +14%). Di fatto per una memoria SD card da 64 GB di capacità il balzello Siae è di 5,26 euro, più Iva 22%. Mentre per le memorie USB, la “taglia” è di 9 centesimi a GB oltre i 32 GB e di 12 centesimi a GB sotto tale soglia, con un tetto massimo di 8,76 euro.

Lo stesso discorso vale per i dischi di memoria dei pc, siano essi meccanici o a stato solido. Se si supera la capacità di 2,7 TB – cosa piuttosto facile per un HDD esterno da archiviazione o da copia di sicurezza – il balzello Siae è di ben 21 euro, davvero decisamente oneroso se si pensa che un disco da 2 TB viene spesso offerto a cifre attorno ai 70-80 euro, balzello ed Iva incluse, arrivando ad incidere per oltre il 25% del prezzo del prodotto.

Particolarmente colpito dal compenso Siae per copia privata è il settore dei telefoni, dove gli aumenti proposti dal Comitato sono molto rilevanti, specie per quelli dotati di maggiore capacità di memoria, anche qui con un controsenso: ormai i telefoni più che ad effettuare telefonate servono per scattare foto o registrare video, spesso in formato 4K, letteralmente voraci di GB per minuto registrato. Anche qui, basta scegliere un telefono che superi la soglia dei 256 GB di capacità di memoria che l’aumento proposto passa dal quasi 17% per le soglie inferiori a ben il 25% per elevarsi ad un eccezionale 40% per la capacità eccedente i 2 TB di archiviazione – che al momento su un telefono non sono disponibili.

Alla furia gabellatrice non sfuggono nemmeno gli “smartwatch” dotati di capacità di riproduzione audio, con una “taglia” variabile dai 2,57 euro per le capacità fino a 4 GB a 6,54 euro per quelli con oltre 32 GB.

Se fin qui si poteva anche essere nel campo della normalità, fa arrabbiare l’estensione per la prima volta del balzello per copia privata alle attività sulle memorie remote in cloud. Qui si tassa il traffico di dati, a prescindere dai suoi contenuti, che potrebbero – come in genere lo sono – esenti da diritto d’autore, prevedendo un balzello articolato su tre fasce di traffico mensile ad utente. Variabile da quota 0 per il traffico fino a 1 GB/utente/mese a 0,0003 euro GB/utente/mese nella fascia tra 1 e i 500 GB di traffico, e di 0,0002 GB/utente/mese per tutta la quota di traffico eccedente i 500 GB. Un balzello all’apparenza insignificante, ma che rischia di portare al grisbì della Siae, sempre che sia approvato dal ministero della Cultura, un malloppo consistente, solo se si pensa alla dotazione esistente in capo ad ogni utente di un account di posta elettronica gratuita di Gmail da 15 GB, per non dire di tutti gli atri sistemi di scambio di dati gratuiti come Dropbox e simili che per un utente, pari a qualche milione all’anno in più di incassi.

Ora tocca al ministro Alessandro Giuli dare una cesura con il passato di Franceschini & C., che ha approvato a tavolino le richieste del Comitato, anche alla luce della mutata evoluzione tecnologica e del fatto che l’estensione della tassazione ai servizi cloud potrebbero uccidere nella culla i faticosi tentativi di digitalizzazione dell’economia italiana.

Fino ad oggi, il ministero della Cultura è stato una sorta di cuccagna per i “soliti noti”, sia nel caso dei contributi alla produzione di film mai prodotti o mai arrivati nelle sale – e con un colpo di reni Giuli nell’immobilismo del suo imbelle sottosegretario con delega al cinema, Lucia Borgonzoni (Lega Salvini) – ha finalmente bloccato 88 milioni di erogazioni pubbliche probabilmente truffaldine, che nel caso dei 120 milioni annui in media del contributo per copia privata. Anche qui si attende un segnale concreto da parte del ministro, anche in considerazione del fatto che per evadere il balzello è tutto sommato semplice, visto che basta acquistare una memoria o un HDD e pure un telefono su uno dei sempre più frequenti portali di commercio cinese o extra europeo per dribblarlo, spesso pure con annessa Iva, visto che fino a 150 euro di valore d’acquisto i beni ordinati non sono soggetti a controlli doganali. Anche qui, fatta la legge, con corollario si sanzioni, basta poco per svicolarla in modo del tutto legale, ma con danno per il legittimo gettito dello Stato, specie in termini di Iva e di gettito tributario relativo al mancato fatturato da parte delle aziende stabilite sul territorio nazionale.

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