Spesa militare: l’Ue già nel 2025 sborsa 100 mld in più della Russia e Cina

L’Eda: «la spesa della difesa in crescita rischia di non tradursi in vera capacità militare europea».

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Mentre il presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, nel suo periplo con il suo aerotaxi tra le capitali dei paesi europei confinanti con la Russia, rischia di fare la fine del fringuello sotto i colpi della guerra tecnologica, emergono i dati relativi alla spesa della difesa, da cui si evincono gli effetti economici della non Europa unita.

La spesa militare Ue continua a crescere. Nel 2024, con un aumento del 19% rispetto al 2023, i Paesi Ue hanno destinato 343 miliardi di euro alla difesa, circa l’1,9% del Pil. L’obiettivo fissato al vertice Nato dell’Aia dello scorso mese è arrivare al 5% entro il 2035.

Secondo l’Agenzia europea della difesa (Eda), 13 Stati hanno già superato la soglia minima del 2%. Dal 2014 al 2024 la spesa pro capite per ogni cittadino Ue è cresciuta del +150%, passando da 426 a 764 euro. Nello stesso periodo la spesa per ogni militare attivo è quasi raddoppiata (da 138.000 a 249.000 euro). Nel 2025 i bilanci complessivi della spesa militare Ue dovrebbero superare i 380 miliardi. Del resto, Mario Draghi, nel suo rapporto sulla competitività, aveva indicato che la Difesa «rappresenta un settore con capacità immediata di stimolare la crescita e l’occupazione in Europa».

Nel 2024 gli investimenti hanno toccato i 106 miliardi. La voce dominante è il procurement, l’acquisto diretto di equipaggiamenti già sviluppati. I Paesi Ue vi hanno destinato 88 miliardi, con un aumento del 39% rispetto al 2023, quasi sempre indirizzata verso fornitori americani. Per l’Italia, la spesa resta sbilanciata sul personale: fino a pochi anni fa circa il 70% del bilancio era assorbito da stipendi e pensioni, quota scesa al 60% nel 2024. È ancora la percentuale più alta in Europa e limita le risorse per ricerca e nuove tecnologie. Ma Roma ha stabilito il record negli investimenti in nuovi equipaggiamenti: commesse per oltre 16 miliardi, tra cui 8,5 miliardi per i carri Leopard 2A8 e 7,5 miliardi per 24 Eurofighter. La quota destinata agli investimenti ha superato il 20%, il minimo richiesto da Nato ed Eda.

Una spinta analoga è arrivata da altri Paesi. La Polonia ha firmato un contratto da 9 miliardi per elicotteri d’attacco. La Germania ha approvato un programma da 4,7 miliardi per nuovi sottomarini e ha avviato l’acquisto del sistema di difesa antimissile Arrow 3 con Israele.

Secondo l’Eda «oltre l’80% della spesa per investimenti nel 2024 è stato destinato ai nuovi equipaggiamenti». Accanto al procurement cresce la ricerca. Nel 2024 l’Ue ha speso 13 miliardi in ricerca e sviluppo (+20%) e 5 miliardi in tecnologia (+27%). Il divario con gli Stati Uniti resta ampio: Washington destina il 16% del bilancio alla ricerca, l’Europa appena il 4%. Anche nei valori assoluti lo scarto è netto. Gli Usa hanno speso 845 miliardi, 3,1% del Pil, quasi tre volte l’Europa.

In termini assoluti, la spesa europea supera Pechino e Mosca. La Cina è stabile tra l’1,2% e l’1,5%, ma ha raggiunto 250 miliardi. La Russia ha stanziato ufficialmente 107 miliardi, ma secondo l’Eda il valore reale è vicino a 234 miliardi a parità di potere d’acquisto, pari al 5,5% del Pil, con un aumento previsto al 6,4% nel 2025. L’Ue ha speso circa 100 miliardi in più. Il problema è la frammentazione. Troppe linee di armamenti, scarsa interoperabilità e poche economie di scala.

L’Eda sottolinea che «la cooperazione resta ancora limitata e il numero di programmi comuni non è sufficiente a colmare il divario con gli altri attori globali». Anche quando i progetti vengono condivisi, il peso resta marginale rispetto agli acquisti nazionali. Per ridurre queste criticità sono stati creati strumenti comuni: il Fondo europeo per la difesa e programmi di sostegno per canalizzare miliardi su ricerca, sviluppo e acquisti. La nuova iniziativa Safe ha messo a disposizione una linea di credito da 150 miliardi. Secondo Bruxelles «l’uso coordinato degli strumenti finanziari è l’unico modo per rafforzare l’autonomia strategica europea e sostenere l’industria della difesa».

L’aumento dei bilanci nazionali deciso da Berlino, Parigi, Roma e Varsavia ha stimolato commesse miliardarie su cantieri, industrie aerospaziali e filiere tecnologiche, a scapito del welfare. L’obiettivo fissato all’Aia, il 5% del Pil entro il 2035, rappresenta una soglia senza precedenti. Nel linguaggio dei vertici Nato è il «minimo necessario» per assicurare deterrenza e difesa credibile. Ma senza una cooperazione più stretta tra i 27, avverte l’Eda, «i bilanci in crescita rischiano di non tradursi in vera capacità militare europea».

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