Tra poche settimane partirà una nuova campagna di rottamazione auto Euro 5 e inferiori che prevede fino a 11.000 euro di incentivi per l’acquisto di un’auto esclusivamente elettrica sfruttando i circa 600 milioni di euro stornati dal piano Pnrr per la realizzazione di punti di ricarica all’ecobonus, però con il rischio di rallentare ulteriormente la diffusione di veicoli elettrici, visto che uno dei motivi che ne frena lo sviluppo è proprio la difficoltà di accedere a punti di ricarica veloci in tutt’Italia, visto che in gran parte del Paese, specie al Sud, queste sono ancora poco diffuse.
Secondo Motus E, l’associazione a sostegno della mobilità elettrica, la copertura capillare nel Sud Italia e lungo la rete autostradale italiana rappresentano i principali nodi della rete, con intere tratte autostradali senza ancora alcun servizio di ricarica. L’ultimo report di Motus-E evidenzia il numero di punti di ricarica attivi sulle autostrade, sono 1.159, «con il 45% delle aree di servizio autostradali dotate di infrastrutture elettriche». In Italia sono installati 67.561 punti, numero aumentato, al 30 giugno, di 10.569 unità in 12 mesi e di 1.569 unità nel secondo trimestre dell’anno. Dei 1.159 punti di ricarica in autostrada, 49 sono in fase di attivazione. Di fatto, viaggiare lungo la Penisola solo a batteria rischia di essere estremamente difficile e di dover mettere in conto lunghissime soste per effettuare la ricarica, sempre che quelli esistenti funzionino per davvero, visto che i casi di fuori servizio sono tutt’altro che rari grazie al fatto che spesso vengono utilizzati di rado.
E senza la certezza di potere contare su una rete capillare di punti di ricarica dove non si debba aspettare ore per fare il pieno le vendite di veicoli elettrici a seguito di una rottamazione auto viaggia decisamente lento, con un immatricolato che non supera il 5% del totale, un terzo della media europea.
Ma a frenare la crescita dell’auto elettrica dove il governo Meloni continua a volere spingere nonostante i sostanziali fallimenti delle campagna precedenti per via del costo dei veicoli nuovi ancora decisamente troppo alto rispetto al potere d’acquisto degli italiani – difficilmente si trova una vettura media a prezzi inferiori ai 40.000 euro – c’è anche il fattore costo delle ricariche, visto che non tutti gli automobilisti possiedono un garage o un posto macchina privato, dove potere installare una colonna di ricarica per fruire della tariffa domestica, l’unica effettivamente conveniente, anche a scotto di tempi di ricarica decisamente elevati vista la bassa potenza disponibile. Se per la ricarica domestica si viaggia tra i 25-30 centesimi al kWh, questa lievita al crescere della potenza disponibile fino a superare l’euro al KWh nei punti a 250 kW ed oltre, rendendo così anticompetitivo l’utilizzo dell’auto elettrica nei confronti di un veicolo con analoghe caratteristiche, ma mosso da un motore termico a benzina o Diesel.
Sarebbe stato meglio che il governo Meloni avesse utilizzato i soldi pubblici più che per una rottamazione auto per spingere di più la diffusione dei biocarburanti che possono dare concretamente un grande aiuto per ridurre le emissioni inquinati già su gran parte del parco circolante, oltre a defiscalizzare l’auto aziendale italiana che potrebbe dare quell’impulso fondamentale per svecchiare il parco circolante nazionale, garantendo alle aziende maggiore competitività nei confronti della concorrenza internazionale.
“Focus” di ViViItalia Tv traccia un bilancio degli scenari della mobilità con un’intervista del direttore Stefano Elena con il presidente di Aci Trento, Fiorenzo Dalmeri.
Buona visione.
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