A 443 giorni dalla scadenza del Pnrr, nelle stanze dorate della Commissione europea a Bruxelles è scattato l’ennesimo allarme circa la gestione arruffata delle strategie comunitarie, sia per il mancato utilizzo dei fondi a disposizione – su 650 miliardi del piano, gli stati ne hanno prelevati solo 315 – e della gestione della liquidità avanzata già presa dal mercato con la conseguenza che la Commissione paga interessi a fondo perduto su circa 335 miliardi di euro.
Non solo: la stessa Commissione europea sta valutando gli effetti del Pnrr relativamente alla crescita e ripresa sui vari paesi, dove emerge una realtà fino ad ora sottaciuta, ovvero che l’effetto volano sulle economie più deboli dell’Unione europea – quelle di Italia e Spagna su tutte – sta mancando clamorosamente, con il risultato che per i due paesi mediterranei il Pnrr concretamente si traduce solo in maggiore debito da pagare.
E se Italia e Spagna dovranno leccarsi le ferite – e in Italia dovrebbe farlo soprattutto quella classe politica ebbra della “pioggia di miliardi” che non è stata in grado di concepire un serio e attuabile piano di sviluppo e di crescita visto che il Pnrr nazionale è stato rimaneggiato in profondità ben cinque volte in quattro anni -, chi invece ha da essere soddisfatto dall’avere autorizzato il primo, grande piano di debito comune per fare riprendere l’economia post pandemia da Covid è quella Germania che, a fronte di soli 27 miliardi del proprio Pnrr, si trova a godere di un moltiplicatore da tre a quattro volte superiore. Di fatto, a fronte di meno di 30 miliari effettivamente presi dall’Unione europea, la Germania fruisce da 90 a 120 miliardi di ricadute effettive, praticamente identiche a quelle italiane, visto che il Belpaese sarà difficilmente in grado di spendere tutti i “suoi” 197 miliardi di Pnrr.
Questa situazione, secondo la stessa Commissione europea, è figlia del fenomeno “spillover”, ovvero del ritorno della spesa effettuata da altri paesi che, per alimentare il proprio Pnrr, sono ricorsi a merci e servizi “Made in Germany” per circa il 25% dell’ammontare del proprio Piano per realtà come Spagna ed Italia.
Di fatto, è lecito chiedersi se dietro l’approvazione di facciata compassionevole e solidaristica della Germania al primo piano comune di indebitamento non ci sia stato un concreto retropensiero circa i ritorni attesi per l’economia tedesca dall’attuazione complessiva del piano. Pensare male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca e da quanto emerge da Bruxelles pare che a Berlino abbiano vinto ad una lotteria truccata.
Ora l’Italia, se non vuole cumulare al danno già accertato anche le beffe, dovrebbe stare molto attenta a quanto vuole fare con la quinta revisione del Pnrr, per evitare di ingrassare ulteriormente l’economia tedesca a danno di quella nazionale. Tanto per fare un esempio, la proposta del ministero dell’Ambiente di dirottare 600 milioni di euro dal piano per la realizzazione di infrastrutture di ricarica per i veicoli elettrici a quello del sostegno all’acquisto di veicoli a nullo o ridotto impatto ambientale rischia di essere un boomerang per l’industria italiana che produce dispositivi di ricarica e un regalo all’industria automobilistica tedesca e cinese.
A palazzo Chigi serve riflettere attentamente, al limite evitando di chiedere ulteriori rate di Pnrr a debito se le si utilizzando solo per arridere l’economia di altri paesi e non quella nazionale. Sennò ci sarebbe da chiedersi se i Patrioti al governo sono al servizio di potenze estere.
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