Fa discutere la proposta lanciata dal sottosegretario al ministero del Lavoro, il salviniano Claudio Durigon da Latina, di pensioni per tutti a 64 anni abbassando l’età di pensionamento dagli attuali 67 anni della riforma Fornero senza penalizzazione, una proposta che comporterebbe un impatto economico rilevante e immediato per la finanza pubblica.
Secondo un’analisi del Centro studi Unimpresa, l’incremento del numero di nuovi pensionati, stimabile tra 120.000 e 160.000 unità aggiuntive all’anno, determinerebbe un aumento della spesa pensionistica pari a circa 0,3 punti percentuali di Pil già nel primo anno di applicazione, con una tendenza progressiva che porterebbe l’incidenza sul Pil dal 15,3% previsto per il 2025 al 16,2% entro il 2030, rispetto al 15,7% a normativa vigente. In valori assoluti, ciò si tradurrebbe in una maggiore spesa cumulata di circa 40 miliardi di euro nel quinquennio 2025–2029, ai prezzi costanti.
Per il Centro studi di Unimpresa, la differenza si manterrebbe stabile intorno a 0,5 punti percentuali di Pil anche nel lungo periodo, con una spesa al 2070 pari al 14,5% del Pil nel nuovo scenario, rispetto al 14% a legislazione invariata. L’effetto cumulato di questo scostamento tra il 2025 e il 2045 ammonterebbe, in termini nominali ai prezzi 2020, a circa 160-180 miliardi di euro di maggiore esborso complessivo. L’aggravio inciderebbe strutturalmente sull’indebitamento netto, mettendo sotto pressione il bilancio dello Stato proprio in una fase in cui si prevede una riduzione graduale del deficit e un rientro sotto la soglia del 3% nel medio periodo.
Contestualmente, il minor gettito contributivo legato all’uscita anticipata di una quota consistente di lavoratori ridurrebbe la capacità del sistema previdenziale di autofinanziarsi, ampliando ulteriormente il fabbisogno da coprire con risorse generali prelevate dalla fiscalità. Nel primo quinquennio di applicazione, la riforma genererebbe uno squilibrio immediato e crescente, rendendo necessarie misure correttive o compensative per evitarne l’insostenibilità.
«L’idea di abbassare l’età pensionabile a 64 anni per tutti va considerata con grande attenzione, soprattutto alla luce dei conti pubblici e dell’equilibrio previdenziale. Ogni scelta ha un costo e richiede responsabilità – commenta il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi -. In un momento in cui il Paese ha bisogno di rilanciare gli investimenti, sostenere le imprese e rafforzare l’occupazione giovanile, è fondamentale indirizzare le risorse pubbliche verso ciò che genera crescita. Non possiamo permetterci scelte miopi che rischiano di compromettere la sostenibilità finanziaria e penalizzare le nuove generazioni».
La proposta lanciata dal sottosegretario salviniano Durigon ha un retrogusto amaro di voto di scambio in vista dell’appuntamento con le elezioni politiche del 2027, ma che potrebbe accadere anche nel 2026, con la necessità di mettere in campo tutti gli strumenti possibili per ingraziarsi il consenso degli elettori, visto che con i mutati rapporti di forza elettorale all’interno del centro destra i salviniani ben difficilmente potranno spuntare dalla coalizione l’assegnazione dello stesso quantitativo di collegi elettorali uninominali del 2022, con il risultato che gran parte dell’attuale pattuglia parlamentare della Salvini Premier sarà falcidiata.
Non solo: la proposta pensioni per tutti a 64 anni cozza anche contro la realtà demografica e pensionistica, visto che con una popolazione in continuo calo, è fondamentale mantenere il più possibile al lavoro gli attuali occupati, che specie nei casi dove le condizioni lavorative non sono usuranti, già oggi vede un aumento delle persone che rimangono al lavoro, complice anche il sistema contributivo che ha tagliato pesantemente il rapporto di copertura delle pensioni rispetto all’ultimo stipendio.
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