Il sito paleontologico dei Lavini di Marco a Rovereto sulle pendici del Monte Zugna custodisce centinaia di orme di dinosauri carnivori ed erbivori di forme e dimensioni differenti sono impresse lungo un ripido colatoio di circa duecento metri e sono riferibili all’inizio del Giurassico, circa 200 milioni di anni fa.
Un giacimento di enorme valore scientifico e culturale che rappresentano quello che rimane, allo stato fossile, di una grande piana carbonatica di marea per molti versi paragonabile alle attuali coste del Golfo Persico. Si tratta di sei livelli stratigrafici compresi in un pacchetto di strati potente poco più di cinque metri.
Scoperto nel 1990 da Luciano Chemini – da cui prendere il nome di Colatoio Chemini -, si tratta di un pendio inclinato lungo circa 300 metri la cui accessibiltà era oggettivamente difficoltosa e oltretutto soggetta a danneggiamenti delle preziose tracce impresse nella roccia carbonatica che di suo è già debole ed esposta all’azione erosiva delle intemperie.
Dopo trent’anni dalla scoperta, il comune di Rovereto ha deciso di passare dalle parole ai fatti, realizzando una struttura che facilitasse la visita al sito paleontologico. Ma tra il dire e il fare, tra il “masa” e il “miga”, dopo tanti decenni di abbandono, la mano pubblica ha voluto strafare, realizzando una impattante scalinata in metallo zincato poggiata su robuste colonne di metallo infisse nella roccia, un’operazione di alta ingegneria probabilmente destinata a superare la stessa durata delle orme dei dinosauri, forse solo messa a rischio dalla cupidigia di qualche recuperante di metalli ferrosi, vista l’abbondanza di acciaio zincato grigliato utilizzato per realizzare supporti, gradini e mancorrenti, oltre a reti di acciaio inox per i parapetti: il tutto lasciato senza la minima sicurezza privo di guardania e di sistemi di telecontrollo.
Se al lato visivo l’impatto è quello di un pugno negli occhi, sul lato finanziario l’effetto è stato quello di un pugno nello stomaco, visto che il comune di Rovereto e la sua maggioranza di centro sinistra ha speso la bellezza di 2,64 milioni di euro per una struttura più massiccia e robusta che non si può, oltretutto venendo meno ad uno dei principi cardine di un’amministrazione pubblica di realizzare opere accessibili e fruibili da tutti. Cosa che in questo caso non avviene, in quanto disabili, anziani e persone con ridotta mobilità, mamme con carrozzine di infanti non possono accedervi.
In questa intervista di Focus Trentino, il direttore di ViViItalia Tv , Stefano Elena, intervista Paolo Piccinni, già ingegnere dirigente dei servizi tecnici del comune di Rovereto e oggi, dalla pensione, consigliere comunale di Fratelli d’Itala dal fronte dell’opposizione, con cui si traccia un bilancio dell’opera e le possibili ripercussioni di un progetto che pare essere figlio di nessuno, una paternità rigettata a scandalo compiuto sia dal comune che dalla provincia di Trento che ha contribuito a finanziarlo in larga misura, oltre che contestato veementemente dagli ambientalisti e dai paesaggisti.
Buona visione.
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