Le Olimpiadi Invernali 2026 Milano Cortina paiono essere avviate a ripetere i problemi di bilancio e di lascito ad evento terminato che hanno caratterizzato nel tempo tutti i grandi eventi sportivi accaduti in Italia e in giro per il mondo, tanto che l’andamento delle spese dell’evento dolomitico pare essere andato fuori controllo con l’invio di una richiesta di soccorso finanziario al governo Meloni per tamponare l’aumento dei costi.
Le cifre esposte al governo parlano di costi legati alla realizzazione delle cosiddette opere olimpiche cresciuto da 3,4 a quasi 3,9 miliardi nonostante si sia passati da 111 interventi a 94, di cui solo 30 connessi alla realizzazione dei giochi, mentre gli altri 64 costituiscono il cosiddetto “lascito olimpico” costituito da tutta una serie di opere pubbliche legate alla realizzazione di varianti stradali, potenziamento del trasporto pubblico, ammodernamento di strade e ferrovie finanziati interamente da fondi pubblici.
Nel dettaglio al dicastero delle infrastrutture gestito da Matteo Salvini fanno capo interventi per opere pubbliche per 3,1 miliardi di euro con finanziamenti ripartiti tra stato, regioni, enti locali. Per gli impianti sportivi la spesa è di 945 milioni di euro, per le infrastrutture stradali di 1.642 milioni e 515 milioni per le ferrovie. A questi, vanno aggiunti altri 773 milioni ancora da finanziare a cura del bilancio statale.
E se, sempre secondo i dati forniti dal ministero di Salvini, il cronoprogramma per gli impianti sportivi è praticamente rispettato, viceversa per quello delle opere stradali si è in pesantissimo ritardo, tanto che ad oggi solo il 38% delle opere previste sono in via di realizzazione, il 14% è in fase di gara di aggiudicazione e in quella di progettazione ben il 48%. Il tutto a circa 10 mesi dall’apertura dell’evento Olimpiadi invernali 2026 Milano Cortina, dove la metà dei cantieri extra sportivi sono ancora in una fase concettuale, tanto che si parla dell’avvio della loro realizzazione – ammesso di trovare i finanziamenti – dopo il 2030.
Questi non sono i soli aumenti di spesa: ci sono anche quelli legati al funzionamento dell’organizzazione della Fondazione Milano Cortina che continua a rivedere al rialzo il proprio bilancio di spesa, passato dai previsti 1,3 miliardi iniziali a ben 1,7 miliardi, portando il totale provvisorio dell’evento olimpico dolomitico oltre la soglia dei 5,5 miliardi di euro, con la possibilità che possa sfondare anche il tetto dei 6 miliardi.
Il problema è ora connesso con la copertura delle maggiori spese legate alla Fondazione che giuridicamente è stata definita come un organismo regolato dal diritto privato e, come tale, ribadito anche da un recente decreto emanato dal governo Meloni, dovrebbe provvedere da sé alla copertura delle proprie spese. Ma un supero di spesa di circa 500 milioni di euro non è cosa da poco, tanto che dalla stessa Fondazione pare essere partita una richiesta di soccorso finanziario indirizzata al governo Meloni, il quale di trova in mano una patata bollente, anzi incandescente.
Il perché è presto detto: la gestione della Fondazione è stata già oggetto di una clamorosa inchiesta della Procura di Milano che ha indagato vertici e dirigenti della Fondazione per un ipotesi di reato legata ad appalti poco trasparenti e a favoritismi vari, oltre ad una certa discrezionalità forse eccessiva nella gestione di assunzioni e di incarichi vari, legata proprio alla natura privatistica della Fondazione, natura contestata sia dalla magistratura che dalla stessa Autorità nazionale anti corruzione che invece la ritengono pubblica con tutti i conseguenti obblighi di trasparenza e di rispetto di procedure per acquisti e assunzioni. Se il governo Meloni dovesse lanciare il salvagente alla Fondazione iniettando fondi pubblici attinti dal bilancio dello Stato, ovviamente pure l’operato dello stesso governo verrebbe smentito, oltre ad aprire l’autostrada per l’azione della magistratura che, altrimenti, sarebbe bloccata con l’inchiesta destinata a finire sul binario morto dell’archiviazione. Poi, se la natura pubblica della Fondazione dovesse essere riconosciuta dalla Corte costituzionale su richiesta dei magistrati che hanno impugnato il decreto governativo, oltre alle inchieste penali scatterebbero anche quelle contabili della Corte dei conti, che avrebbe tutto il diritto di chiedere la giustificazione del loro operato ai responsabili del possibile buco di bilancio che dal 2022 ad oggi hanno visto una girandola di dirigenti.
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