giovedì 22 Maggio 2025
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    In Francia dal 1° gennaio 2025 scatta il divieto di locazione degli immobili in classe energetica “G”, mentre dal 2030 sarà vietato venderli. In Italia Foti giustifica la revisione del Pnrr.

    “Green Deal”: arrivano i primi effetti sulle tasche degli europei

    Gli effetti nefasti del “Green Deal” iniziano a farsi sentire sulle tasche degli europei, con i francesi che dal 1° gennaio 2025 si trovano calato sulle loro case (e tasche) il divieto di locazione degli immobili in classe energeticaG”, una situazione che riguarda circa 700.000 abitazioni, che a partire dal 2030 salirà al divieto di vendita, mentre a partire dal 2028 sarà esteso il divieto di locazione alle abitazioni in classeF” per arrivare alla classeE” nel 2034.

    Di fatto, un proprietario di casa francese, magari ereditata da qualche parente, si trova dinnanzi al bivio: o provvede a riqualificare l’immobile portandolo a classi energetiche più alte spendendo di tasca propria almeno 70-100.000 euro, cosa che gli consente di locarlo o di venderlo senza penalizzazioni, oppure lo utilizza personalmente o per qualche parente a titolo gratuito, con il rischio di una forte perdita di valore in caso di vendita.

    Se per il “Green Deal” in Francia i proprietari di case vecchie piangono per il “pacco” che ha tirato loro il presidente liberal Emmanuel Macron, in Italia la situazione sarebbe decisamente più grave, visto che le abitazioni in classe energeticaG” sono almeno 20 volte tanto di quelle francesi, attorno a quota 14 milioni di unità, da cui si capisce l’estrema prudenza con cui si sta muovendo il governo Meloni.

    Intanto, a seguito della quinta revisione del Pnrr in soli due anni proposta dal governo all’Europa di cui ha parlato “lo Schiacciasassi” di ieri, il ministro per gli Affari europei, Tommaso Foti, interviene con una nota per giustificare lo spostamento di circa 600 milioni di euro dal piano di realizzazione di punti di ricarica per auto elettrica ad un nuovo fondo per la rottamazione di vecchi veicoli a fronte dell’acquisto di un’auto elettrica. Il motivo starebbe nel rapporto esistente tra auto elettriche circolanti – in Italia il più basso tra i grandi paesi europei, circa il 5% del totale parco auto circolante – e i punti di ricarica esistenti.

    «Al 31 dicembre 2024 vi sono 64.391 punti di ricarica. La Lombardia è la prima regione, Napoli la prima nel rapporto tra punti ed estensione della città. Sono suddivisi al 57% al Nord, 23% al Sud, 20% al Centro. Il 94% del territorio nazionale ha un punto di ricarica entro il limite dei 10km» scrive Foti nella nota. Ma bisogna guardare al parco auto elettriche italiano, composto da 303.924 veicoli, e fare un confronto con gli altri Paesi sul numero dei punti di ricarica ogni 100 auto. In Italia quelli realizzati sotto la spinta del “Green Deal” ce ne sono 19, «a fronte di un parco auto elettriche del 5% rispetto al totale. La Francia ha 14 punti a fronte di 3 volte le auto elettriche circolanti, la Germania ha 8 punti di ricarica su 100 con quota di immatricolazione elettriche del 16,6%. Il Regno Unito ha 7 punti di ricarica ogni 100 auto circolanti con il 21% di auto elettriche». Inoltre, «anche rispetto alla lunghezza stradale in Italia i punti risultano 1 ogni 4 km, in Germania 1 ogni 6 e in Francia 1 ogni 7».

    Ecco perché, ha concluso il ministro, «si è pensato che un buon punto di equilibrio» è mettere un incentivo sull’acquisto di auto elettriche. Sconfessando così il principio supportato dal governo Meloni nelle stanze europee della neutralità tecnologica, visto che un veicolo elettrico non è affatto detto che abbia emissioni inferiori di uno con motore termico, magari alimentato con i nuovi carburanti rinnovabili. Ancora una volta, la mano sinistra del governo non sa quello che fa quella destra, finendo per contraddirsi da sé.

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