Finanziaria 2026, manovre in corso per la quadratura della legge

Poche risorse disponibili e troppe richieste da soddisfare, con il consueto rischio di distribuzione a pioggia di poche risorse per tanti, con il rischio di insoddisfare tutti, privando la spesa di effetti tangibili per la crescita.

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Il cantiere della Finanziaria 2026 è in piena attività con l’obiettivo di definire lo schema da inviare poi a Bruxelles entro il 15 ottobre per i dovuti controlli circa il rispetto degli impegni sottoscritti con la Commissione europea, con lo sforzo della maggioranza del governo Meloni di trovare una soluzione per le tante, troppe richieste, spesso meramente clientelari, con le poche risorse a disposizione, 16 miliardi, di cui 10 da tagli alla spesa ai ministeri con eccesso di residui attivi e 6 miliardi di maggiori entrate.

Sul fronte delle misure principali, al momento, il taglio dell’Irpef è quella più pesante, con l’orientamento è di tagliare la seconda aliquota per i redditi tra 28.000 e 50.000 euro, senza l’estensione a 60.000 invece supportata energeticamente da Forza Italia. La misura dovrebbe costare intorno ai 2,5 miliardi, quindi meno dei 4-5 miliardi che sarebbero stati necessari se la misura fosse stata estesa fino a 60.000 euro. Il vantaggio può arrivare per i contribuenti ad un massimo di 440 euro l’anno, praticamente poco più di un caffè al giorno. Davvero poco per una fascia di contribuenti su cui pesa grandemente il gettito complessivo dello Stato.

Per la rottamazione fortissimamente voluta dalla Salvini Premier – e sarebbe la quinta di un provvedimento che non ha brillato né per gettito, né per incentivo alla correttezza fiscale dei contribuenti – invece la partita non sarebbe ancora chiusa: si valuta la durata della rateizzazione (se in 8 anni e 96 rate o in 9 e 108 rate) e come garantire la selettività indicata da Giorgetti, distinguendo tra “meritevoli e non”. Quando sarebbe utile scrivere la parola fine e girare le risorse – circa 1,5 miliardi di euro – al taglio dell’Irpef del secondo scaglione.

Per il capitolo lavoro nella Finanziaria 2026 ci sono l’Irpef al 10% sugli aumenti stabiliti dai rinnovi contrattuali e adeguamenti automatici all’indice di inflazione Ipca in caso di mancato rinnovo entro 24 mesi dalla scadenza; la tassazione sostitutiva fissa, al 10%, per le ore di straordinario, il lavoro festivo e notturno e le indennità connesse al lavoro a turni; l’innalzamento dei limiti della tassazione agevolata al 10% anche per i premi di risultato (da 3.000 a 4.000 euro) e per i fringe benefit (da 1.000 a 2.000 euro per chi non ha figli e da 2.000 a 4.000 per chi li ha). Tra le indicazioni, anche un nuovo semestre di silenzio-assenso per il tfr e la proroga di Quota 103, Opzione donna, Ape sociale e decontribuzioni per le assunzioni di giovani e donne. Spunta infine anche l’ipotesi di un contributo per la previdenza dei figli, sulla base della sperimentazione attivata in Trentino Alto Adige.

Al tema pensioni si prevede la sterilizzazione selettiva per l’aumento dell’età pensionabile a partire dal 2027: il blocco di tre mesi potrebbe essere graduale e non per tutti. Lo stop completo dell’innalzamento sarebbe riservato solo per chi avrà compiuto 64 anni nel 2027. Anche se con il continuo aumento dell’età lavorativa, con tanti pensionati che tornano subito al lavoro dopo essere andati in quiescenza per arrotondare i magri incassi garantiti dalle pensioni contributive, varrebbe soprassedere e girare i fondi – circa un miliardo nell’ipotesi di minima, 3 miliardi in quella di massima, al taglio dell’Irpef sul secondo scaglione.

Per le famiglie dalla Finanziaria 2026 arriva un pacchetto che vale tra i 500 milioni e un miliardo e va dal congedo parentale al bonus per le mamme. Si lavora sulle detrazioni fiscali col quoziente familiare e sulla conferma del congedo parentale facoltativo all’80% dello stipendio per tre mesi, dopo la fine di quello obbligatorio.

Alla voce casa, l’obiettivo è prorogare il bonus ristrutturazioni al 50% sulle prime case, ma in modo selettivo anche sulla base del reddito del richiedente. Nessuna indicazione invece sul futuro del bonus mobili a scadenza a fine anno.

Per la sanità, il governo vuole aumentare gli stanziamenti destinati al Servizio sanitario nazionale, favorendo nuove assunzioni e smaltendo le liste d’attesa. Il ministero si attende dalla manovra 2,5 miliardi in più in aggiunta ai 4 miliardi già stanziati con la legge di bilancio 2025.

Alla voce aziende, si prevede di consolidare l’Ires premiale introdotta nel 2024 per l’imprenditoria virtuosa che fa utili ma investe in occupazione e innovazione, in scadenza il 31 dicembre. Il costo si aggira intorno ai 400-500 milioni di euro. A questo si aggiunge il nuovo incentivo che supererà la fallimentare Transizione 5.0, con una Transizione 6.0 che dovrebbe in larga parte basarsi sui più efficaci criteri di Transizione 4.0.

Infine il capito della difesa, la voce destinata a crescere massicciamente nei bilanci di tutti gli stati dell’Unione europea. La volontà del governo Meloni è di portare nella Finanziaria 2026 il rapporto deficit/Pil stabilmente sotto il 3% per uscire dalla procedura d’infrazione così da accedere a una maggiore libertà di manovra nel bilancio pubblico, oltre che per accedere ai fondiSafe” stanziati dalla Commissione europea per favorire il riarmo. Se lo scenario si concretizzerà, il governo propone di aumentare la spesa per la difesa dello 0,15% del Pil, con un aumento di 3,3 miliardi.

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