Il cantiere per la realizzazione della finanziaria 2026 da parte della maggioranza di centro destra sta iniziando a prendere forma, anche se ci sono ancora alcune tensioni tra le varie forze politiche, specie per piantare le proprie bandiere di partito che vanno oltre la reale ricaduta di interesse generale.
Tra le proposte di bandiera c’è la riedizione dell’ennesima rottamazione, sarebbe la quinta, all’insegna di maglie più strette delle precedenti, che punterebbe a risolvere alcuni problemi che riguardano coloro che hanno adempiuto agli impegni presi con il fisco ma che, per qualche motivo, non sono riusciti a pagare l’ultima rata nei termini, finendo esclusi da tutta la procedura, con notevoli conseguenze in termini di esecuzione forzata, blocco dei conti correnti ed altre amenità del genere. Se per costoro una sanatoria avrebbe motivo di essere, viceversa le porte devono essere ben chiuse per tutti coloro che hanno aderito alle varie rottamazioni solo per allungare i termini di pagamento del dovuto, magari fruendo pure di sconti successivi. Rimane sul tavolo il problema della sua copertura, visto che l’ennesima rottamazione costerebbe almeno 3 miliardi di euro.
C’è poi la questione della sterilizzazione dell’innalzamento dell’età pensionabile a partire dal 2027 a seguito dell’adeguamento biennale alla speranza di vita, un provvedimento che costerebbe dai 2,5 ai 3 miliardi di euro e che va a cozzare contro la necessità delle imprese di trattenere più a lungo i lavoratori vista la sempre più preoccupante carenza di manodopera giovane. Oltre che per il fatto che gli anticipi pensionistici, con il ricalcolo esclusivamente contributivo, si riflettono pesantemente sull’ammontare dell’assegno pensionistico, sempre più vicino al 50% dell’ultimo stipendio rispetto al 70-80% del trattamento retributivo previdente.
Ma in campo pensionistico c’è un altro aspetto di cui la politica non parla mai ed è relativo alla famigerata manovra del governo Renzi 2015 che ritoccò al rialzo la tassazione sui fondi previdenziali complementari portandola dall’11% fino al 20%, con il non trascurabile dettaglio dei fondi pensione dei liberi professionisti e lavoratori autonomi, casse previdenziali privatizzate sostitutive dell’Inps, che si sono viste applicare una tagliola del 26% sui rendimenti annui dei fondi con il risultato, da un lato, di gambizzare l’incremento del rendimento della posizione previdenziale di ciascun iscritto per oltre un quarto e, dall’altro, di discriminare il trattamento tra pensionati solo per il diverso fondo di versamento obbligatorio, tra quello Inps che viene tassato – giustamente – solo all’atto dell’erogazione della pensione, mentre per quelli delle casse privatizzati il prelievo fiscale è duplice, annuale sui rendimenti accumulati e alla fine all’atto dell’erogazione della pensione. Un unicum a livello mondiale che nessun esponente di maggioranza e di governo parla di voler correggere con la finanziaria 2026, nonostante il tema riguardi una platea elettorale di circa 3 milioni di persone tutt’altro che trascurabile.
Infine, la finanziaria 2026 prevede il taglio delle tasse per i contribuenti che rientrano nel secondo scaglione Irpef, aspetto su cui pare esserci maggiore condivisione e che potrebbe anche essere una leva per il rilancio dei consumi che alimentano il Pil nazionale per circa il 60% del totale. La proposta è di tagliare dal 35 al 33% l’aliquota con un costo di circa 3 miliardi, mentre l’innalzamento del tetto dai 50.000 a 60.000 euro è più in forse per via del costo da coprire di circa 2 miliardi aggiuntivi.
L’innalzamento del tetto sarebbe doveroso anche per intervenire su quel fiscal drag che nel 2024-25 ha portato nelle casse dello Stato circa 25 miliardi di maggiori entrate sulla spinta dell’inflazione e dell’incremento dei valori monetari, a fronte di un potere d’acquisto effettivo ancora sotto quota 2019 dell’8%. Se la coperta delle disponibilità è corta, la scelta tra le priorità politiche dovrebbe andare più che verso la nuova rottamazione o la sterilizzazione dell’età pensionabile verso il taglio delle tasse, anche per sperare di alimentare un po’ più l’attesa crescita dell’economa nazionale facendola emergere dai livelli da prefisso telefonico.
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