Dazi Usa-Ue, Trump mette a cuccia le ambizioni di Ursula del 0 a 0

Se l’Ue avesse avuto meno sicumera e avesse fatto come il Regno Unito, oggi la situazione sarebbe molto migliore. Von der Leyen continua a fare danni dovunque vada.

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La vicenda dei dazi Usa-Ue finisce male, anche se poteva finire decisamente peggio, ma questo non è sufficiente per consolarsi di una vicenda gestita male fin dall’inizio, perché Ursula von der Leyen con eccesso di superbia e di sicumera che la contraddistingue, invece di imitare l’approccio del premier inglese Keir Starmer che con un atteggiamento più pragmatico, concreto e meno belligerante, ha portato a casa un dazio del 10% a fronte di quel 15% che sarà applicato all’Ue, cui va aggiunto l’extra costo della svalutazione del dollaro sull’euro attorno al 15-16%, cosa che porta l’extra costo per gli esportatori europei sul mercato Usa ad un 30% abbondante, un livello da maneggiare con estrema cautela.

Di fatto, il felpato gattone Donald Trump, con qualche zampata ha tramortito le velleità della paperella Ursula con la sua proposta a dazio zero reciproco, che, per evitare di essere sbranata da dazi al 30% ha calato tutta la sua dignità di pessimo leader politico, tanto che pure in casa Ppe, suo partito di origine, sta montando una certa fronda, un venticello di tempesta che rischia di essere trasformato in uragano in occasione della discussione del bilancio comunitario 2028-2035, con molti paesi, tra cui la “sua” Germania, lo ha già rispedito al mittente.

Il “successo” di Ursula von der Leyen in Scozia, in uno dei resort di Trump, vedono i dazi applicati alle esportazioni Ue in Usa passare da una media del 4,8% al 15%, con il vantaggio di alcuni settori come quello delle auto che riduce la gabella dal 27,5% al 15%. Non solo: l’Ue si è impegnata ad effettuare acquisti di energia sul mercato Usa per 750 miliardi di dollari in tre anni (250 miliardi all’anno), anche se le forniture Usa per il mercato europeo sono mediamente più care rispetto a quelle provenienti dai produttori dei paesi del Medio Oriente e del Golfo, cui s’aggiungono altri 600 miliardi di dollari di investimenti Ue negli Usa aggiuntivi a quelli già in corso.

E se gli europei devono pagare dazio per sbarcare sul mercato Usa, lo stesso non accade in direzione opposta, con l’Ue che ha promesso di addolcire anche le sue imposizioni tecniche in fatto di autoveicoli tale da consentire un ingresso maggiore dei prodottiMade in Usa”, a partire da suv e pickup, con buona pace dei principi del “Green Deal”, dando così un ulteriore colpetto ad un’industria automotive europea sempre più suonata, vuoi dai limiti interni del “Green Deal”, vuoi dalla maggiore competitività del prodotto cinese, non solo sull’elettrico ma anche sulla tradizionale tecnologia termica.

Se la paperella Ursula ha rischiato di finire allo spiedo di Trump, è toccato al commissario europeo al Commercio, Maros Sefcovic, di ritorno da Turnberry, in Scozia, fare a Bruxelles il punto della situazione, secondo cui «l’accordo commerciale raggiunto tra Unione europea e Stati Uniti è chiaramente il miglior accordo che potessimo ottenere in circostanze molto difficili».

Per Sefcovic una soglia del 30% – minacciata dal presidente statunitense Donald Trump due settimane fa, a negoziati in corso – era «una prospettiva assolutamente reale» e la sua entrata in vigore a partire dal primo agosto avrebbe innescato «gravi conseguenze», tra cui il blocco del commercio transatlantico e la perdita stimata di circa «5 milioni di posti di lavoro nell’Ue». Le imprese europee, ha ricordato il commissario, «hanno chiesto di evitare un’escalation e di avere un respiro immediato».  

I dazi al 15% sono stati accettati a condizione che questa rappresenti una «soglia inclusiva, quindi senza accumulo» e che «copra anche l’indagine in corso relativa alla sezione 232», ossia la norma statunitense che consente di imporre dazi su alcuni prodotti ritenuti sensibili per la sicurezza nazionale. A tale riguardo, ha precisato Sefcovic, «non è stata fatta nessuna concessione». La soglia del 15% si applicherà ai settori automobilistico, farmaceutico e dei semiconduttori. Per quanto riguarda vini e liquori, le discussioni restano ancora aperte. Un funzionario europeo ha chiarito che «non vi è alcun impegno in materia di regolamentazione digitale, né di tasse digitali, che non rientrano tra le competenze dell’Ue».

Nell’attesa dell’entrata in vigore dei dazi Usa-Ue, prevista per il primo agosto, Sefcovic ha osservato che gli «omologhi statunitensi sembrano voler aprire un nuovo capitolo» nei rapporti con l’Ue. Bruxelles considera l’accordo commerciale con Washington come una «rinnovata stabilità» che apre «le porte alla collaborazione strategica», puntando al miglioramento delle relazioni, anche sotto il profilo geoeconomico e geopolitico.

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