Consumi delle famiglie stabili, ma un terzo taglia sul cibo e abbigliamento

Nel 2024 spesa al NordEst di 834 euro più alta di quella al Sud, anche a causa del costo della vita decisamente più alta rispetto al Mezzogiorno. Per i “single” la vita è più cara.

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In Italia la spesa per consumi delle famiglie resta stabile da un anno all’altro, ma una famiglia su tre, per risparmiare o per fare quadrare il bilancio familiare, tende a dare un taglio agli acquisti di alimenti, con un ampio divario in termini di entità dell’esborso tra chi vive al Nord e chi invece sta al Sud o nelle Isole, complice anche il diverso costo della vita.

L’Istat ha tracciato uno studio di quanto accaduto sui consumi degli italiani nel 2024, quando le famiglie che vivono in Italia hanno speso mediamente per consumi 2.755 euro al mese in valori correnti, cifra sostanzialmente stabile rispetto ai 2.738 euro del 2023.

Pur in presenza di un aumento dello 0,6% in termini nominali, sia Codacons sia Confesercenti puntano il fuoco sul dato reale, ovvero quello che tiene conto dell’aumento del costo della vita. Confesercenti calcola che al netto dell’inflazione il potere d’acquisto delle famiglie ha registrato una nuova frenata e valuta in termini reali una contrazione di circa 4 miliardi di euro. Anche l’Istat fa notare che tra il 2019 e il 2024 la spesa per consumi delle famiglie è aumentata del 7,6% a fronte di un’inflazione, misurata sullo stesso arco temporale dall’Indice armonizzato dei prezzi al consumo Ipca, del 18,5%.

Secondo le rilevazioni dell’Istituto di statistica, le spese delle famiglie per l’acquisto di prodotti alimentari e bevande analcoliche sono rimaste stabili rispetto al 2023 (532 euro contro i precedenti 526), nonostante un marcato aumento dei prezzi del +2,5% su base annua. E stabile a circa un terzo è anche la quota delle famiglie che dichiarano di aver provato nel corso dell’anno a limitare la quantità e/o la qualità di alimenti acquistati: lo ha fatto per il cibo il 31,1% delle famiglie (31,5% nel 2023) e per le bevande il 35,3% delle famiglie (35,0% nel 2023).

La spesa non alimentare è pari in media a 2.222 euro mensili, l’80,7% di quella totale, e a livello territoriale varia tra i 3.032 euro nel NordEst e i 2.199 del Sud. In pratica lo scorso anno le famiglie del NordEst hanno speso in media 834 euro in più rispetto a quelle che vivono al Sud (il 37,9% in più) e 711 euro in più rispetto alle famiglie delle Isole (il 30,6% in più). Al Sud e nelle Isole, che generalmente hanno disponibilità economiche minori, anche se il costo della vita è generalmente più basso del Nord, la spesa si concentra maggiormente su beni e servizi destinati al soddisfacimento dei bisogni primari, quali, ad esempio, gli alimentari (25,4% contro la media nazionale del 19,3%), mentre al Nord sono più elevate le quote per le spese destinate a ristorazione e alberghi, ai trasporti e a ricreazione, sport e cultura.

A livello regionale, nel 2024 la spesa media mensile più elevata si verifica in Trentino Alto Adige (3.584 euro) e Lombardia (3.162 euro), mentre Calabria e Puglia sono quelle con la spesa più contenuta, rispettivamente 2.075 e 2.000 euro mensili. Un dato che dovrebbe spingere alla parametrazione degli stipendi sulla base dell’effettivo costo della vita, per evitare di impoverire i lavoratori dove questo è superiore.

In termini di composizione, in Lombardia si registra la quota più elevata di spesa per Servizi di ristorazione e di alloggio (7,5%, a fronte del 5,9% osservato a livello nazionale), in Trentino Alto Adige quella per Abitazione, acqua, elettricità, gas e altri combustibili (42,0%, contro il 35,7% a livello Italia), per effetto degli affitti figurativi, che rappresentano oltre i due terzi della spesa per tale divisione, soprattutto in Alto Adige.

La quota più elevata per Prodotti alimentari e bevande analcoliche si registra in Calabria, dove si attesta al 28,2%, a fronte del 19,3% osservato a livello nazionale e del 14,6% del Trentino Alto Adige, valore minimo fra tutte le regioni.

Nel 2024, le famiglie che spendono di più si confermano essere quelle residenti nei comuni centro di area metropolitana (2.999 euro mensili), seguono le famiglie nei comuni periferici delle aree metropolitane e nei comuni con almeno 50.000 abitanti (2.822 euro). I livelli di spesa più contenuti (2.638 euro) si osservano invece nei comuni più piccoli (fino a 50.000 abitanti), nei quali si spende circa il 12% in meno rispetto alle aree metropolitane.

A livello di singole voci di spesa dei consumi delle famiglie, oltre al taglio sulla spesa alimentare, le famiglie hanno risparmiato anche su abbigliamento e calzature (il 47,5%). Sostanzialmente invariata, rispetto al 2023, la quota di famiglie che dichiarano di non aver modificato i propri comportamenti di acquisto per beni e servizi relativi a sanità (il 78,6%, era il 79,1% nel 2023) e alla cura e igiene personale (il 63,3%, come nel 2023).

Le quote delle famiglie che non hanno modificato l’acquisto di carburanti (71,4%, contro il 70,9% del 2023) e viaggi (56,2%, dal 55,4% del 2023) risultano in aumento nel Centro, dove i valori sono rispettivamente saliti al 72,3% (dal 70,6%) e al 59,5% (dal 55,8%). La quota di famiglie che hanno mantenuto invariati i propri comportamenti di spesa per i carburanti rimane comunque più elevata al Nord, dove raggiunge il 76,9%.

Infine, i nuclei familiari monopersonali spendono circa il 68% di quelle composte da almeno due persone, confermando così il maggiore costo della vita per i “single” che sono poi penalizzati anche da una maggior tassazione fiscale per l’impossibilità di fruire di alcune deduzioni.

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