A Bisagna comune della Marsica abruzzese 256 candidati per 212 abitanti

Presentate ben 25 liste, 23 delle quali formate quasi esclusivamente da esponenti delle forze dell’ordine che, come candidati, hanno diritto a 30 giorni di aspettativa elettorale retribuita.

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A volte, un diritto si trasforma in abuso, come nel caso delle aspettative elettorali retribuite riconosciute dallo Stato ai suoi servitori in divisa che si è materializzato in occasione delle elezioni del comune di Bisagna nella Marsica abruzzese dove, per 212 abitanti e 171 elettori, sono state presentate ben 25 liste elettorali, 23 delle quali formate quasi esclusivamente da candidati da fuori comune, anzi da tutt’Italia, accumunati dal fatto di indossare una divisa.

Di fatto, l’attuale assetto normativo che riconosce a ciascun candidato con la divisa di uno dei corpi di sicurezza dello Stato che partecipi ad un’elezione la possibilità di fruire di 30 giorni di aspettativa retribuita si è trasformato in un abuso, con la corsa alla candidatura da parte di poliziotti, finanzieri, secondini et similia nell’unico comune che, alle elezioni dello scorso 25 maggio, era con meno di mille elettori e, conseguentemente, senza l’obbligo di raccogliere le firme degli elettori per presentare la lista.

Detto, fatto: da tutta Italia si sono materializzati all’ufficio protocollo del comune di Bisagna ben 23 listeforeste” che, dopo avere adempiuto agli obblighi formali, sono scomparse dalla campagna elettorale locale, rimasta appannaggio di altre due liste, queste formate da candidati locali, che hanno conseguito ben 83 voti ciascuna, con la conseguenza del ballottaggio dell’8 giugno prossimo per la scelta del nuovo governo comunale.

Di fatto, per gran parte dei 256 candidati in lizza per un posto nel consiglio comunale di Bisagna la campagna elettorale è terminata subito dopo la presentazione della lista elettorale, scomparsi a godersi 30 giorni aggiuntivi pagati di ferie pagate oltre a quelli spettanti sindacalmente. Di fatto un soprassoldo pagato a pochi servitori dello Stato in divisa da parte di tutti i contribuenti.

La corsa alla candidatura nel comune abruzzese non ha comportato solo lo spreco di denaro per 30 giorni aggiuntivi di vacanza, ma ha causato anche notevoli problemi organizzativi in comparti che sono già alle prese con carenza d’organico, come gli addetti alla penitenziaria, con tanti direttori di carcere che hanno chiesto lumi al comune per capire il perché gran parte dei loro dipendenti avessero scelto di presentarsi per un posto nel consiglio comunale.

Quello accaduto a Bisagna non è una novità, in quanto già in altri appuntamenti elettorali si è registrata la corsa alla candidatura da parte di esponenti della pubblica sicurezza in comuni piccoli laddove non sono previsti troppi requisiti, tra cui quello dirimente di raccogliere le firme dei locali per presentare la lista. Ma anche l’obbligo di presentare accanto alla lista il programma elettorale, spesso si è rivelato una “sòla”, come quello tutto improntato alla difesa della costa marina. Un contrappasso bell’e buono per un comune esclusivamente montano, dove, semmai, si sarebbero dovute proporre politiche contro lo spopolamento e per assicurare i servizi essenziali ai sempre meno residenti.

Sarebbe opportuno che il governo e il ministro dell’Interno intervenisse per frenare se non stroncare una deriva che ha trasformato un legittimo diritto in un abuso. Potrebbe esserlo quello di prevedere un’aspettativa non retribuita, cosa che farebbe crollare il numero degli aspiranti candidati, anche se non l’annullerebbe del tutto. Ma almeno non toccherebbe ai contribuenti sobbarcarsi, oltre ai disservizi in tema di pubblica sicurezza, pure le vacanze elettorali retribuite.

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